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News e articoli di consigli utili che diamo agli automobilisti e motociclisti

Come si montano le catene da neve?

18 Dicembre 2020/0 Commenti/in Consigli utili /da admin_rf

Vista la stagione invernale che è ormai alle porte, molti avranno già puntato sugli pneumatici invernali oppure le quattro stagioni. A proposito di questo se sei interessato leggi l’articolo:”scadenze e obblighi dei pneumatici invernali e come sceglierli”

Le catene da neve però rimangono sempre una valida alternativa ma anche un plus di trazione nei momenti difficili. Quando arriva la vera necessità però in molti non hanno la minima idea da dove incominciare e proprio per questo abbiamo scritto una veloce e semplice guida su come montare le catene da neve ed evitare eventuali multe salate.

Per avere dei passaggi “universali” abbiamo scelto di basarci sulle catene “classiche”, ricordando che ci sono vari modelli nel mercato e qualche passaggio può variare. Per questo motivo invitiamo prima di tutto a leggere le istruzioni delle proprie in modo tale da avere dei punti di riferimento.

Scegliere un posto sicuro

Come regola basilare si dovrebbe sostare in un posto sicuro, lontano da altri veicoli e meglio con luci di emergenza lampeggianti accese, e prima di uscire dall’abitacolo è buona norma ricordarsi di indossare il gilet di visibilità.

Controllare le catene

Ovviamente una volta che si apre la confezione ci si deve assicurare che le catene non siano aggrovigliate così da poterle appoggiare a terra aperte (di solito il gancio di chiusura è colorato) vicino alle ruote motrici.

Le catene da neve, infatti, devono essere montate esclusivamente sulle ruote motrici (nei veicoli a trazione integrali si può decidere di montare le catene su tutte le ruote oppure sull’asse che rivede maggiore forza motrice).

Montare le catene da neve

Una volta aperte portiamo l’arco del gancio colorato dietro la ruota. Lo vedremo comparire dall’altra parte e da quel momento possiamo alzare i due capi e ricongiungerli sopra la ruota. Possiamo chiudere quindi anche i ganci che rimangono aperti nella parte frontale della ruota, di solito hanno un colore uguale tra di loro ma diverso dai primi.

Una volta fatto stringiamo la catena o il cavo per chiudere e far aderire le catene da neve alla gomma per poi fissarla con gli appositi ganci sulla parte di catena posizionata sul cerchione.

Ripetere l’operazione anche sull’altra ruota che si occupa di trazione.

Verificare la corretta installazione

Percorriamo qualche centinaio di metri in modo da assicurarci il corretto funzionamento e la perfetta aderenza. Potrebbe succedere che si sgancino oppure che vadano a sbattere contro la carrozzeria. In quel caso dovremmo sistemarla.

Il gioco è fatto, ora basta l’attenzione

Ricordiamoci che le catene da neve sono comunque un dispositivo di emergenza: non vanno utilizzate con poca neve o su strade pulite. Inoltre, una volta montate è obbligatorio non superare i 50 km/h, ovvero il limite imposto dal Codice della strada.

Ora che abbiamo capito il funzionamento, una volta che le catene non saranno più necessarie basterà fermare la vettura assicurandosi che il cordino che abbiamo stretto per ultimo sia posizionato nella parte inferiore degli pneumatici. Dopo questo accorgimento possiamo tranquillamente ripetere la procedura in senso contrario.

Prima di riporle nella loro custodia, una veloce lavata con acqua tiepida consentirà di rimuovere eventuali detriti o tracce di sale che possono compromettere l’integrità.

Vuoi tenere tutto sotto controllo? L’app Risarcimentofacile.it ti aiuta ad archiviare le scadenze dell’auto come bolli, assicurazioni, tagliandi! Scoprila qui.

 

Come igienizzare il climatizzatore dell’auto

10 Dicembre 2020/0 Commenti/in Consigli utili /da admin_rf

La corretta manutenzione dell’aria condizionata in auto è di fondamentale importanza per la salute di chi occupa l’abitacolo. Purtroppo molto spesso è anche un aspetto che viene sottovalutato:  il climatizzatore immette all’interno l’aria proveniente dall’esterno che può essere ricca di inquinanti e altre sostanze nocive.

Ma bastano pochi accorgimenti per garantirne il corretto funzionamento soprattutto in questo periodo invernale dove per gli spostamenti prediligiamo di più l’auto a causa del freddo ma anche  per lo stato di emergenza sanitaria in cui ci troviamo: la pulizia dell’auto diventa importante anche se il rischio di contrarre il virus attraverso un contatto indiretto sia basso. Per ridurre al minimo comunque ogni possibilità di contagio l’attenzione verso l’igiene dei mezzi di trasporto risulta fondamentale.

Come igienizzare il climatizzatore

Nel climatizzatore si possono ritrovare migliaia di germi e batteri che si annidano nel tempo causando cattivi odori ma anche possono essere dannosi per la salute. Una regola basilare infatti sarebbe quella di sostituire il filtro antipolline con una certa frequenza in modo da impedire a batteri e virus potenzialmente pericolosi di passare e annidarsi all’interno, ma soprattutto: utilizzare un prodotto igienizzante può permettere di allontanare quotidianamente i batteri che possono comunque diffondersi e anche di emanare un profumo gradevole all’interno dell’auto.

In commercio troviamo spray chimici che hanno lo scopo di detergere e igienizzare: basta passare tutte le prese dell’aria, sia quelle con il cruscotto che dei bocchettoni.

Dopo l’applicazione basta far agire lo spray per circa  20 minuti, aprire i vetri dell’auto e azionare il condizionatore impostandolo a massima temperatura per almeno 10 minuti.

La sanificazione all’ozono

In alternativa all’igienizzazione fai-da-te, che è anche la più efficace per la pulizia del sistema di condizionamento, è la sanificazione all’ozono.

Essendo un gas naturale, non senza effetti collaterali sulla salute dell’uomo ed è in grado di neutralizzare i batteri, allergeni e pollini fino al 99,98%. Questo rimedio è l’unico che rassicura la totale rimozione di batteri, muffe, spore, pollini e funghi. Inoltre, l’ozono è in grado di raggiungere tutti i punti più angusti dell’abitacolo e del vano motore. Comunque per essere sicuri di compiere la procedura più efficace è fondamentale rivolgersi a ditte specializzate.

Di norma il processo di igienizzazione dura all’incirca 15 minuti e il macchinario, dotato di tubo flessibile, viene avvicinato alle bocchette di areazione in modo tale da erogare la miscela fino a raggiungere la concentrazione prefissata.

Successivamente si attiva il ricircolo per una decina di minuti così da avere la certezza che tutto l’impianto venga sanificato adeguatamente per poi aprire le portiere e arieggiare l’abitacolo per circa un minuto.

Dove fare la sanificazione auto?

E’ possibile effettuare una santificazione all’ozono del proprio veicolo presso qualsiasi officina e stazione di servizio autorizzata. Con Risarcimentofacile.it potrai venire a conoscenza di migliaia di officine che riteniamo siano le migliori per ogni zona.

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Come scegliere il tuo meccanico di fiducia?

2 Dicembre 2020/0 Commenti/in Consigli utili /da admin_rf

Avere un meccanico di fiducia come ai vecchi tempi sta diventando sempre più complesso, per un fatto di concorrenza, di prezzi e per la volontà di scegliere l’autofficina più economica e di qualità superiore alle altre.

Certo, questa combinazione non è semplice trovarla, ma possiamo darti alcuni consigli su come comportarti per la ricerca del tuo meccanico perfetto!

Meccanico indipendente o officina autorizzata?

Innanzitutto, chiariamo un aspetto importante: qual è la differenza tra meccanico indipendente e officina autorizzata?

Tra le due se hai un’auto nuova e sei ancora all’interno degli anni di garanzia della casa automobilistica la scelta più strategica è quella di affidarti all’officina autorizzata: tagliandi, ricambi originali in garanzia, etc. vengono direttamente dalla casa madre ed hai la possibilità di trovare soluzioni ad hoc a problemi strutturali.

Il meccanico indipendente invece è una scelta indirizzata per auto usate oppure se sono passati gli anni di garanzia dell’autovettura. Le carrozzerie generiche solitamente non fanno capo a nessuna casa madre in particolare e sono più flessibili sui prezzi. In questo caso scegliere l’officina migliore per noi diventa importante.

Vediamo i punti che possiamo tenere in considerazione nella scelta di un meccanico di fiducia!

Vicinanza

Riuscire a trovare un meccanico vicino casa o lavoro ti gioverà sicuramente quando meno te lo aspetti. A livelli logistici anche quando avrai bisogno di fare un semplice controllo o passare a fare un veloce passaggio, sarà tutto più semplice.

Attenzione ai tempi di attesa

Ovviamente quello che ci interessa per trovare la carrozzeria che più fa al caso nostro è tenere in considerazione la disponibilità. Quando avremmo la necessità di fare un veloce controllo prima di percorrere tanti chilometri oppure di avere assistenza se l’auto è in panne chissà dove, avremo il meccanico disponibile senza tempi di attesa.

Reputazione

Il meccanico che hai individuato ha buone recensioni on line o meglio, ne parlano bene? Allora hai buone probabilità di aver trovato la struttura adatta a te.  Se invece non trovi nessuna recensione o sei in dubbio se ti stai affidando al carrozziere giusto, prova a chiedere pareri ed in caso di esito negativo fatti consigliare da qualcuno! Se ci pensi, nessuno consiglierebbe qualcosa a qualcuno se non è sicuro della sua qualità.

Trasparenza

La capacità di essere trasparente e la possibilità di instaurare un rapporto duraturo è una caratteristica importante per avere un meccanico di fiducia. Cerchiamo un meccanico onesto e che sia un professionista del settore, perché prendere in considerazione una consulenza adeguata da un meccanico con esperienza e professionista è più importante della mera questione economica.

In ogni caso i servizi del settore auto stanno migliorando costantemente, basta informarsi meglio per trovare il meccanico giusto secondo le proprie esigenze ed aspettative.

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Obbligo pneumatici invernali dal 15 novembre. Come sceglierli?

13 Novembre 2020/0 Commenti/in Consigli utili /da admin_rf

Nonostante da più parti sia arrivata la richiesta di disporre una proroga a causa della situazione dettata dall’emergenza sanitaria, che crea problemi non solo a gommisti e officine ma soprattutto ai cittadini, costretti a limitare gli spostamenti, l’obbligo resta confermato: il 15 novembre scadono i termini per mettersi in regola con le gomme del proprio veicolo e si chiude la “finestra” per il cambio degli pneumatici da estivi a invernali che si era aperta il 15 ottobre.

Dunque, si ribadisce, da domenica 15 novembre torna l’obbligo di dotare la propria autovettura di pneumatici invernali o, in alternativa, di avere le catene da neve sempre a bordo del veicolo.

L’obbligo delle gomme invernali vige dal 15 novembre al 15 aprile

La norma, si ricorda, prescrive che tra il 15 novembre ed il 15 aprile, i veicoli devono “essere muniti ovvero avere a bordo mezzi antisdrucciolevoli o pneumatici invernali idonei alla marcia su neve e su ghiaccio” e prevede delle finestre temporali per adeguarsi. In particolare, le coperture invernali possono essere montate a partire dal 15 ottobre e, viceversa, c’è tempo fino al 15 maggio per provvedere alla loro sostituzione

L’applicazione della direttiva è affidata ai gestori delle tratte stradali e autostradali, sia soggetti privati che enti locali, che devono selezionare le arterie o i tratti di strada soggetti a ordinanza e darne avviso agli automobilisti tramite l’apposita segnaletica.

Pesanti sanzioni per i trasgressori

Il Governo comunque concede in buona sostanza il permesso di recarsi dal proprio gommista per il cambio stagionale delle gomme: l’attività in questione non è tra quelle che hanno subìto limitazioni dal Dpcm del 3 novembre 2020 e gli utenti della strada residenti in tutte le “zone” nelle quali è stato suddiviso il Paese in rapporto alla situazione pandemica possono recarsi dal proprio gommista, in linea di massima anche se in un comune diverso da quello di residenza, trattandosi di una motivazione di necessità che richiama l’adempimento a specifici e inderogabili obblighi di legge. Se però lo si fa dopo il 15 novembre, bisogna dotarsi delle catene a bordo.

Attenzione che le sanzioni per chi non è in regola sono pesanti: chi contravviene all’obbligo rischia una multa da 41 euro a 168 euro nei centri abitati e da 84 euro fino a un massimo di 335 euro su autostrade e strade extraurbane principali.

Come scegliere le coperture invernali

Gli pneumatici invernali aumentano sensibilmente la sicurezza durante la stagione più fredda. Ma quali sono i più adatti? Ecco alcuni consigli.

È necessario controllare che lo pneumatico, oltre all’omologazione indicata dalla lettera “e” seguita da un numero, rispetti le misure indicate nella carta di circolazione dell’auto. Sul fianco dello pneumatico invernale è impressa la dicitura standard “M+S”, riconosciuta in tutti i Paesi europei. La sigla sta per Mad and Snow, fango e neve.

In molti casi questa sigla è seguita dalla più attuale 3PMSF (3-peak mountain snowflake) che raffigura un fiocco di neve all’interno di una montagna. Il simbolo attesta che lo pneumatico ha superato specifici test invernali ed è in grado di offrire migliori prestazioni con temperature inferiori ai 7° C e una maggiore sicurezza anche in presenza di condizioni meteorologiche difficili.

Il battistrada

Gli pneumatici invernali hanno un battistrada che garantisce una migliore aderenza con fondi scivolosi e freddi. In particolare, presentano degli intagli che fanno presa sulla neve e delle lamelle che consentono di aderire sull’asfalto. I migliori  presentano fino a 4000 lamelle. Oltre all’aderenza sulla neve, sono utili anche con il bel tempo e con la pioggia, in presenza di bassa temperatura. Offrono una notevole riduzione degli spazi di frenata rispetto a quegli estivi su tutti i tipi di fondo: -20% su fondo asciutto, -30% su fondo bagnato, -50% su fondo nevoso.

Lo spessore minimo del battistrada previsto dal Codice della Strada è di 1,6 millimetri. Tuttavia, tale spessore è il medesimo per le gomme invernali e quelle estive. Per questo motivo, è consigliabile scegliere pneumatici invernali con un battistrada non inferiore a 3 millimetri. La tenuta di strada viene misurata in classi, dalla A alla F. Più la classe si avvicina alla A, maggiori saranno la tenuta di strada e l’efficienza dal punto di vista dei consumi energetici.

Per verificare se lo spessore dello pneumatico è sufficiente, si può far riferimento ad un semplice metodo: basta inserire una moneta da due euro tra i tasselli; se gli stessi toccano la parte dorata della moneta, lo spessore del battistrada è adatto alla stagione più fredda.

Va tenuto conto anche del tipo di utilizzo del veicolo

La velocità massima permessa dallo pneumatico è indicata da una lettera. Per quegli invernali si può arrivare fino alla Q, corrispondente ad una velocità di 160 km/h.

Nella scelta, è necessario tener conto dell’utilizzo della vettura e delle condizioni nelle quali si è soliti viaggiare in macchina: chi compie abitualmente viaggi lunghi avrà bisogno di pneumatici in grado di garantire il comfort durante tutto il percorso; chi invece è proprietario di una vettura sportiva ad alte prestazioni si orienterà verso pneumatici “performance”.

In ogni caso è opportuno acquistare un treno composto da quattro gomme invernali, che sia quindi omogeneo.

Alcuni consigli per prevenire gli incidenti con gli animali

7 Ottobre 2020/0 Commenti/in Consigli utili /da admin_rf

La tragedia avvenuta la notte del primo ottobre 2020 sulla A26 Genova Voltri-Gravellona Toce, dove sono morte due persone trasportate su una vettura scontratasi con due cinghiali di grossa taglia che hanno attraversato improvvisamente la carreggiata, ed il conducente è rimasto ferito, è purtroppo solo l’ultima di una lunga serie.

 

Nei primi sette mesi del 2020, 86 incidenti gravi causati da animali

I sinistri causati dagli animali, per lo più selvatici, rappresentano un fenomeno sempre più allarmante: dai dati forniti dall’Asaps, che cura un apposito osservatorio, nel 2019 sono stati rilevati 164 incidenti sul genere “significativi” (ossia quelli con utenti della strada deceduti o feriti), nei quali 15 persone hanno perso la vita e 221 hanno riportato lesioni serie. E nei primi sette mesi del 2020 la situazione non è migliorata, anzi: 86 incidenti gravi, con 5 vittime e 11 feriti, triste bilancio a cui ora si aggiungeranno anche gli ultimi due morti (per inciso, la regione che ha visto il maggior numero di incidenti gravi con animali è il Piemonte, con 10 sinistri, seguito dall’Emilia Romagna con 9, e dall’Abruzzo con 8).

Numeri impressionanti, considerando anche i due mesi di lockdown da coronavirus, e che peraltro non tengono conto di tutti quegli incidenti, migliaia, che causano solo danni materiali e che spesso non vengono neppure denunciati, in quanto molti pensano, a torto, che tanto non saranno mai risarciti: al contrario, il risarcimento è un diritto e si può ottenerlo, e inoltre denunciando gli episodi si fa per così dire statistica, fornendo un quadro ancora più reale della problematica e facilitando dunque una maggior presa di coscienza da parte delle autorità.

Attenzione doppia nelle zone che si sa essere frequentate da fauna selvatica

Con l’occasione dei dati, l’Asaps fornisce anche qualche indicazione utile per gli automobilisti per cercare di prevenire un evento di questo tipo. E’ superfluo ricordare a quanti transitano su strade che costeggiano parchi naturali, riserve protette o zone notoriamente frequentate da cinghiali, cervi o cerbiatti, di raddoppiare l’attenzione e moderare la velocità, a maggior ragione se sono apposti i cartelli di “pericolo attraversamento”: un appello alla prudenza che vale ancor di più per una delle categorie più a rischio, quella dei motociclisti, specialmente lungo i rettilinei e al tramonto.

Le strade più a rischio attraversamento della fauna selvatica sono quelle della rete ordinaria come Statali e Provinciali (dove sono successi 83 degli 86 incidenti gravi censiti nei primi 7 mesi dell’anno): solo 3 sinistri si sono verificati nelle autostrade e nelle strade extraurbane principali, anche se qui, come si è purtroppo visto, quando accadono questi schianti, le loro conseguenze possono essere terribili considerata la velocità a cui procedono i veicoli.

Segnalare agli Enti gestori i luoghi soggetti ad attraversamento

Se si frequenta spesso una strada e si notano ripetuti attraversamenti da parte della fauna selvatica, poi, sarebbe cosa buona e giusta memorizzare il luogo e segnalarlo all’ente proprietario perché venga potenziata la segnaletica di avviso.

Gli utenti della strada possono fornire un importante contributo, unitamente ovviamente a quello delle forze dell’ordine, per creare una vera e propria mappatura dei luoghi più a rischio, per i successivi rapidi interventi. Anche gli enti preposti, infatti, sono chiamati a fare la loro parte, non solo sulla segnaletica, ma anche nella stessa progettazione delle strade e nella realizzazione di efficaci opere di “dissuasione”, a cominciare da reti più alte, più curate (spesso gli animali si insinuano attraverso i buchi delle maglie) e dai catarifrangenti.

Spegnere subito gli abbaglianti

Al riguardo, se ci si trova davanti un ungulato, vanno disinseriti subito i fari abbaglianti che potrebbero bloccare l’animale in mezzo alla strada rendendo così inevitabile l’impatto, così come vanno evitate (in generale) brusche sterzate che causano perdite di controllo dei mezzi e uscite di strada rovinose.

E’ bene rammentare anche che le ore più a rischio sono quelle notturne (degli 86 incidenti rilevati da gennaio a luglio 2020, 24 sono successi di notte) e del primo mattino.

Infine, occhio quando si vedono mezzi impegnati nello sfalcio dell’erba ai bordi della strada: gli animali potrebbero fuggire all’improvviso proprio in mezzo

Rifornimento con carburante inquinato: il risarcimento danni

1 Settembre 2020/0 Commenti/in Consigli utili /da Emanuele Musollini

Sono tutt’altro che rare le brutte sorprese da “rifornimento”: il carburante “inquinato”, in genere per infiltrazioni d’acqua nella cisterna del distributore, può infatti danneggiare seriamente il veicolo. In questi casi il proprietario ha tutto il diritto di essere risarcito, ma deve fornire prove adeguate del danno: l’ideale sarebbe disporre dello scontrino, la ricevuta, che dunque è sempre consigliabile stampare alla pompa, ma anche in assenza di questa attestazione si può far valere le proprie ragioni.

Ad esempio, rintracciando eventuali testimoni che abbiamo assistito al rifornimento “incriminato”, inviando una nota di contestazione al gestore dell’impianto o alla società a cui appartiene e conservando scrupolosamente la risposta, “sondando il terreno” per verificare se altri automobilisti siano rimasti vittima dello stesso problema e, ovviamente, producendo la fattura delle riparazioni al mezzo che si siano rese necessarie

 

Un automobilista chiede i danni al distributore per il pieno con il gasolio “inquinato”

Indicativo, al riguardo, un contenzioso arrivato fino in Corte di Cassazione, che alla fine ha dato ragione al ricorrente, un piemontese che aveva citato in causa avanti il Tribunale di Torino la Api (Anonima Petroli Italiana spa) e il titolare di un distributore IP della stessa società chiedendone la condanna al risarcimento per i danni subiti dalla sua vettura a causa, per l’appunto, di un rifornimento di carburante risultato inquinato. La macchina del malcapitato, subito dopo essere stata rifornita, aveva iniziato a palesare dei problemi per i quali era stato necessario effettuare un controllo presso un’officina della Bmw, che aveva appurato come vi fosse stato imbarcato del gasolio “annacquato”. E le inevitabili riparazioni erano costate ben 6.326 euro. Api e gestore avevano denegato ogni responsabilità e così avevano fatto anche in giudizio, costituendosi e chiedendo il rigetto della domanda.

In primo grado dimanda accolta, in appello respinta per mancanza di prova

Il Tribunale l’aveva accolta condannando, dando ragione all’automobilista e condannando la controparte a risarcirlo, ritenendo dimostrati sia l’avvenuto rifornimento presso il distributore in oggetto sia la sussistenza del vizio lamentato (cioè il gasolio annacquato), nonché il nesso di causalità tra il carburante difettoso e il danno patito.

Azienda e titolare della pompa tuttavia avevano appellato la pronuncia e la Corte d’Appello di Torino, in totale riforma della decisione di primo grado, aveva respinto la domanda di risarcimento condannando l’automobilista al pagamento delle spese processuali dei due gradi di giudizio e alla restituzione della somma che gli era stata già liquidata.

La Corte torinese non aveva condiviso la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva affermato che fosse pacifica la circostanza dell’avvenuto rifornimento presso il distributore gestito dall’imputato: il fatto doveva essere adeguatamente dimostrato, laddove invece, secondo i giudici, l’automobilista non avrebbe fornito una prova sufficiente né di tale circostanza, né degli interventi di riparazione sulla propria auto, né del nesso di causalità tra il rifornimento e i danni di cui alla fattura prodotta.

Il ricorso per Cassazione

Il danneggiato tuttavia non si è dato per vinto e ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la sentenza della Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che la generica deduzione, da parte della controparte, dell’assenza di prova, senza la negazione del fatto storico, potesse ritenersi equiparabile alla specifica contestazione a cui egli era chiamato per la dimostrazione del fatto.

Inoltre, ha rilevato come i giudici territoriali non avessero valutato né la comparsa di costituzione del gestore dell’impianto, nella parte in cui affermava di aver ricevuto contestazioni sul carburante anche da altri automobilisti, né la mail inviata dall’API, con la quale la società  stessa indicava le ragioni dei problemi riscontrati sul gasolio fornito.

Neanche la fattura che l’automobilista aveva prodotto era stata contestata, ragioni per cui la sua domanda risarcitoria  avrebbe dovuto essere considerata provata sia nell’an che nel quantum. Infine, il ricorrente ha obiettato circa il rilievo mosso dal tribunale di secondo grado, secondo il quale egli avrebbe richiamato solo genericamente le difese svolte in primo grado, sostenendo di aver chiesto, nell’eventualità fosse ritenuto necessario, di potersi valere di una testimone oculare del rifornimento, nonché della deposizione dell’incaricato dell’officina che aveva riparato la vettura.

La Suprema Corte accoglie il ricorso: rifornimento e danni provati

Ebbene, secondo la Cassazione i motivi sono entrambi fondati. “Dire che di un fatto manca la prova non equivale, di per sé, a dire che quel fatto è da ritenere contestato” spiega la Suprema Corte, aggiungendo che la Corte d’Appello avrebbe dovuto considerare sia la circostanza che lo stesso titolare aveva riconosciuto di aver ricevuto contestazioni da altri automobilisti circa la possibile presenza di carburante inquinato acquistato presso lo stesso distributore, sia il messaggio di posta elettronica dell’API nel quale si illustravano le ragioni per le quali l’inquinamento era avvenuto, ossia la leggera pendenza della cisterna, con accumulo di acqua che andava ad alterare la composizione del carburante poi erogato. “La Corte d’Appello, dunque – prosegue la Cassazione – non avrebbe dovuto ritenere sussistente la contestazione del fatto storico del rifornimento per la sola ragione che la controparte aveva affermato che mancava la prova sul punto, ma avrebbe dovuto valutare la globalità delle circostanze per come risultavano dagli atti a sua disposizione”.

Quanto alla contestata (nella sentenza impugnata) mancanza di prove documentali fornite dal danneggiato a sostegno della sua tesi quali scontrini e ricevute di pagamento e alla sua “generica richiesta” di prova testimoniale, poi, la Suprema Corte ricorda che egli era risultato vincitore in primo grado e quindi non era tenuto a proporre appello incidentale in ordine alla mancata ammissione della prova orale richiesta. Anzi, la Cassazione aggiunge che, in considerazione del fatto storico da provare, “è evidente che la prova testimoniale avrebbe potuto e dovuto essere ammessa, data l’obiettiva difficoltà di dimostrare l’avvenuto rifornimento presso un distributore anziché un altro”.

I giudici infatti ammettono che è difficile pretendere sempre che chi fa benzina o gasolio ritiri anche lo scontrino, “essendo nozione di comune esperienza il fatto che chi fa un rifornimento presso un distributore solitamente non possa sospettare che il carburante sia inquinato dalla presenza di acqua”.

Dunque, la sentenza è stata cassata e il caso rinviato alla Corte d’appello torinese, in diversa composizione, che dovrà riesaminare tutto alla luce però delle indicazioni fornite dalla Cassazione.

Patenti, fogli rosa e licenze professionali: le nuove scadenze per il Covid

19 Agosto 2020/0 Commenti/in Consigli utili /da Nicola De Rossi

Le patenti in scadenza restano valide per 7 mesi o fino al 31 dicembre 2020 (la data esatta dipende da dove si guida). Per i fogli rosa c’è una proroga fino al 13 gennaio 2021 e i termini per sottoporsi agli esami da sostenere durante il lockdown restano sospesi. A sei mesi dallo scoppio dell’emergenza Covid-19, questa è la sintesi delle principali regole sulle licenze di guida. Ma il quadro è più complesso. Lo ha ricostruito la Motorizzazione il 13 agosto, con una circolare, la 22208 del 13 agosto 2020. Eccone i contenuti ben sintetizzati dal Sole 24 Ore.

Bisogna tenere conto soprattutto di qual era la scadenza originaria da rispettare: la differenza tra chi può fruire di una proroga e chi invece non può più guidare passa da questo dato.

 

Patenti in scadenza

Tale principio è molto netto per le patenti normali: chi aveva una scadenza precedente al 31 gennaio 2020 non è mai stato autorizzato a guidare dopo di essa. E potrà riprendere a farlo solo quando si sarà sottoposto, con esito favorevole, alla visita medica per il rinnovo.

La circolare precisa che sul territorio nazionale le patenti in scadenza dal 31 gennaio al 30 dicembre 2020 sono valide fino al 31 dicembre. Vale, cioè, quanto stabilito dall’articolo 104 del decreto Cura Italia (Dl 18/2020) nella sua ultima versione, fissata dalla conversione in legge dal decreto Rilancio (Dl 34/2020).

Fuori dai confini nazionali vale invece il Regolamento Ue 2020/698, secondo cui le patenti con scadenza tra il primo febbraio e il 31 agosto 2020 scadono sette mesi dopo il termine naturale riportato sul documento.

Fogli rosa

Com’è noto, normalmente, dalla data in cui si presenta la domanda per sostenere l’esame di guida, si hanno sei mesi per superarlo e i tentativi ammessi sono due (articolo 122 del Codice della Strada). Se i sei mesi scadono fra il 31 gennaio e il 15 ottobre 2020, l’esame si può sostenere entro il 13 gennaio 2021, data fino alla quale è prolungata anche la validità del foglio rosa (se la sua scadenza è compresa fra il 31 gennaio e il 28 ottobre 2020).

Quando si supera l’esame di teoria, ma si fallisce quello di pratica, di norma si hanno due mesi per richiedere il riporto del test superato su un nuovo foglio rosa. Adesso nel calcolo di questi due mesi non si tiene conto del periodo compreso fra il 31 gennaio 2020 e il 28 ottobre 2020. Se il foglio rosa originario scade fra queste due date, dal 29 ottobre 2020 si hanno due mesi per richiedere il riporto dell’esame di teoria.

Certificati medici

Quando si fa domanda per ottenere la patente, si allega un certificato medico che vale tre mesi (se emesso da un medico monocratico) o sei mesi (se emesso da una Commissione medica locale). Quelli che scadevano fra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020 conservano la loro validità per i 90 giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, attualmente fissata per il 15 ottobre 2020. Lo stabilisce l’articolo 103, comma 2, del decreto Cura Italia.

Quando un patentato ha problemi di salute che richiedono una visita alla Commissione medica locale per confermare la validità della patente, gli viene rilasciato un permesso provvisorio di guida (articolo 59 della legge 120/2010), perché gli arretrati delle commissioni fanno sì che i tempi siano sempre lunghi.

I certificati in scadenza fra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020 conservano la loro validità per i 90 giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza (articolo 103, comma 2, del decreto Cura Italia).

Quando sorgono dubbi sull’idoneità alla guida (in genere, dopo gravi infrazioni o incidenti), viene disposta la revisione della patente (articolo 128 del CdS), che consiste nel rifare gli esami. La circolare del 13 agosto ricorda che al momento restano sospesi i i termini per chi avrebbe dovuto rifarli tra il 23 febbraio e il 15 maggio 2020. Verosimilmente, per decidere come chiudere queste situazioni, si attende che gli arretrati accumulati dagli uffici durante il lockdown vengano smaltiti.

Per guidare i mezzi pesanti

Riguardo alle carte di qualificazione del conducente (Cqc), dopo aver incrociato la normativa nazionale e quella dell’Unione Europea e aver chiesto un parere al Ministero dell’Interno, la Motorizzazione ha stabilito che: in tutto il territorio dell’Ue, Italia compresa, la validità delle Cqc rilasciate da un altro Paese Ue con scadenza fra il primo febbraio e il 31 agosto 2020 è prorogata di 7 mesi; le Cqc rilasciate in Italia, se di scadenza compresa fra il 1° febbraio e il 29 marzo 2020, per il solo territorio italiano, sono prorogate sino al 29 ottobre 2020; sul territorio degli altri Paesi dell’Ue, fruiscono della proroga di validità di 7 mesi; le Cqc con scadenza compresa fra il 30 marzo e il 31 agosto 2020 hanno la proroga di 7 mesi sia nella Ue sia sul territorio nazionale.

I certificati di abilitazione professionale (Cap) in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020 restano validi per i 90 giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza (attualmente, il 15 ottobre 2020).

Gli attestati rilasciati al termine dei corsi di qualificazione iniziale ai sensi della direttiva 2003/59/CE in scadenza tra il 31 gennaio e il 28 ottobre 2020, conservano la loro validità fino al 29 ottobre 2020.

Sono sospesi i termini per sottoporsi agli esami di revisione della Cqc fissati per il periodo 23 febbraio – 15 maggio 2020.

Per contare i due anni dalla scadenza della Cqc, dopo i quali è obbligatorio l’esame di ripristino, non si tiene conto del periodo fra il 31 gennaio e il 28 ottobre 2020. Quindi, dal 29 ottobre 2020 il titolare della Cqc che scade fra il 31 gennaio e il 28 ottobre 2020 può rinnovare la sua carta nei successivi 272 giorni, senza sottoporsi ad esame di ripristino.

Gli attestati dei corsi per il rinnovo dei certificati di formazione professionale (Cfp) per il trasporto di merci pericolose scaduti fra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020 conservano la validità per i 90 giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.

Attestazioni sanitarie per mezzi pesanti

Gli attestati rilasciati ai conducenti che hanno compiuto 65 anni, per guidare autotreni e autoarticolati di massa complessiva a pieno carico superiore a 20 tonnellate scaduti fra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020 restano validi per i 90 giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. Fino a tale data, i patentati CE che hanno compiuto il 65esimo anno di età dopo al 31 gennaio possono guidare quei veicoli senza necessità dell’attestazione della Commissione medica locale.

Gli attestati per i conducenti che hanno compiuto 60 anni per guidare autobus, autocarri, autotreni autoarticolati, autosnodati, adibiti al trasporto di persone, scaduti fra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, restano validi per i 90 giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. Fino a tale data, i patentati D1, D1E, D o DE che hanno compiuto il sessantesimo anno di età dopo il 31 gennaio possono guidare quei veicoli anche senza l’attestazione della Commissione medica locale.

Auto difettosa: risoluzione del contratto e perdita di valore

16 Agosto 2020/0 Commenti/in Consigli utili /da Emanuele Musollini

La Cassazione, con la sentenza n. 16077/20 depositata il 28 luglio 2020, è tornata ad affrontare un contenzioso relativo ad una vettura difettosa.

A seguito della proposizione, da parte dell’acquirente, dell’azione di risoluzione del contratto di compravendita per vizi che la rendevano inidonea all’uso, la Suprema Corre ha esaminato le conseguenze sull’obbligazione di restituzione del prezzo a carico della concessionaria, nel caso in cui il compratore abbia utilizzato l’autovettura per tutto il tempo della durata del giudizio di risoluzione del contratto.

E, accogliendo il ricorso del venditore, ha stabilito il principio secondo il quale, all’esito del giudizio di risoluzione, deve essere ripristinato l’equilibrio originario tra le parti contrattuali, equilibrio che verrebbe frustrato se al compratore fosse restituito l’intero prezzo a fronte della restituzione di una vettura utilizzata per un tempo considerevole. In altre parole, se la vendita è risolta per vizi della cosa, bisogna tenere conto della perdita di valore dovuta all’uso che ne ha abbia fatto il compratore.

 

La restituzione integrale del prezzo dell’auto difettosa

L’acquirente di un’autovettura aveva citato in giudizio la concessionaria presso cui aveva acquistato l’automobile, per i vizi riscontrati ed accertati con accertamento tecnico preventivo espletato dopo l’acquisto. I vizi, incidenti sulla regolare marcia del veicolo, rendevano l’auto inidonea all’uso e per tale motivo l’acquirente aveva chiesto al tribunale la risoluzione del contratto e la restituzione del prezzo pagato.

Il Tribunale di Messina, accogliendo la domanda, aveva risolto il contratto condannando il concessionario alla restituzione dell’intero prezzo della vettura, 32.795,01, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo. Decisione sostanzialmente confermata anche dalla Corte d’Appello messinese.

Di qui il ricorso per Cassazione della concessionaria, che ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1490 e 1492 del codice civile, alla luce della disparità di trattamento sulla reciprocità degli effetti restitutori conseguenti alla restituzione: infatti, mentre l’acquirente aveva restituito la vettura dopo averla utilizzata per tutto il tempo di pendenza della controversia (l’acquisto del veicolo era avvenuto nel 2000, mentre la sentenza di primo grado era intervenuta quattro anni dopo e quella di appello sette anni dopo l’acquisto), la concessionaria era stata invece condannata, in ragione della risoluzione, a restituire l’intero prezzo ricevuto al momento del contratto di vendita della vettura.

Ebbene, La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del venditore d’auto, non solo in punto di violazione e falsa applicazione degli artt. 1490 e 1492 c.c, ma anche per vizio di omesso esame del fatto decisivo riconducibile alla mancata valutazione degli effetti retroattivi della risoluzione del contratto, di cui agli artt. 1453 e 1458 del codice civile.

In primis i giudici del Palazzaccio hanno chiarito che, sebbene la domanda di restituzione del bene oggetto della compravendita non debba essere esplicitamente avanzata nella causa avente ad oggetto la risoluzione del contratto, il venditore deve formulare un’apposita domanda giudiziale, quando intende chiedere che il giudice tenga conto della perdita di valore del bene restituito, ai fini della rideterminazione del prezzo da restituire al compratore.

Nel caso di specie, la concessionaria d’auto aveva formulato, sin dall’atto introduttivo della causa, la domanda di rideterminazione del prezzo da restituire, perché aveva subito chiesto che, in caso di accoglimento della domanda di risoluzione avanzata dall’acquirente, fosse opportunamente ridotto l’importo del prezzo da restituirgli, operando una parziale compensazione tra il valore di svalutazione del bene restituito e il prezzo da restituire all’acquirente.

Il quadro normativo della materia

Poi la Corte procede ad esaminare gli istituti giuridici posti a base del principio di retroattività della sentenza costitutiva di risoluzione del contratto, e le conseguenze in tema di vizi nella compravendita. L’art. 1458 c.c. prevede che la risoluzione del contratto per inadempimento produce non solo efficacia ex nunc (liberando le parti dalle prestazioni ancora da eseguire) ma anche un effetto ex tunc, che incide sulle prestazioni già eseguite.

Nel contratto di compravendita, in presenza di vizi che rendono la cosa acquistata inidonea all’uso o che ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore (art. 1490 c.c.), l’acquirente può domandare la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1492 c.c. (c.d. azione redibitoria), alternativa all’azione di riduzione del prezzo (c.d. actio quanti minoris). L’azione redibitoria di cui all’art. 1492 c.c rientra nello schema generale della risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1458 c.c., producendo effetti ex nunc ed effetti ex tunc. Gli effetti della risoluzione del contratto di compravendita, in conseguenza dell’azione redibitoria, sono disciplinati dall’art 1493 che obbliga il venditore a restituire il prezzo e rimborsare al compratore le spese e i pagamenti fatti per la vendita, ed il compratore a restituire la cosa.

A questo punto gli Ermellini sviluppano il ragionamento giuridico a sostegno del diritto del venditore di veder rideterminato il prezzo da restituire quando la cosa restituita sia stata usata ed abbia pertanto perduto di valore. La Cassazione, Corte, esaminando quest’ultima obbligazione di restituzione della cosa da parte del compratore, rileva che essa deve essere compiuta in modo tale da rispettare il nesso sinallagmatico del contratto di compravendita, e garantire quindi l’originario equilibrio delle prestazioni corrispettive del contratto di compravendita.

La sentenza di risoluzione del contratto deve tenere conto della perdita di valore del bene

Se, pertanto, la parte inadempiente, che ha venduto la cosa viziata, deve restituire il prezzo di vendita, anche il compratore deve essere in grado, al momento della pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto, di restituire la cosa nell’originaria condizione di quando fu acquistata. A tal fine, il compratore può impegnarsi a custodire la cosa nello stato di fatto in cui si trovava al momento dell’introduzione del giudizio di risoluzione oppure, metterla immediatamente a disposizione del venditore al momento dell’introduzione dell’azione redibitoria.

Se invece il compratore, come era avvenuto nel caso di specie, ha utilizzato della cosa per un tempo apprezzabile e fino alla conclusione del giudizio, è evidente che al momento della pronuncia risolutiva egli non sarà in grado di restituire l’oggetto nelle condizioni originarie in cui si trovava al momento dell’acquisto. Non è quindi equilibrato, a parere della Suprema Corte, imporre al venditore l’intera restituzione del prezzo, a fronte della restituzione della cosa deperita o comunque fisiologicamente svalutata per l’uso che ne è stato fatto.

A fronte di apposita domanda giudiziale proposta dal venditore, pertanto, la sentenza di risoluzione del contratto deve tenere conto della perdita di valore del bene restituito, e a tal fine il giudice deve operare la rideterminazione del prezzo da restituire al compratore, equilibrata ed effettivamente corrispondente al valore del bene dopo il prolungato utilizzo.

La Suprema Corte, accogliendo quindi il ricorso della concessionaria d’auto, ha infine pronunciato il seguente principio di diritto: “In virtù dell’operatività del nesso sinallagmatico che connota il contratto di vendita ed in dipendenza degli effetti retroattivi riconducibili alla risoluzione contrattuale (ai sensi dell’art. 1458 c.c., comma 1, in correlazione con l’art. 1493 c.c.), nella determinazione del prezzo da restituire al compratore di un’autovettura che abbia agito vittoriosamente in redibitoria si deve tener conto dell’uso del bene fatto dal medesimo, dovendosi, sul piano oggettivo, garantire l’equilibrio anche tra le reciproche prestazioni restitutorie delle parti ed evitare un’illegittima locupletazione dell’acquirente, ove lo stesso abbia continuato ad utilizzare il bene (ancorché accertato come viziato ma non completamente inidoneo al suo uso), determinandone una sua progressiva e fisiologica perdita di valore”.

Mascherina in auto: quando metterla?

26 Maggio 2020/0 Commenti/in Consigli utili /da Emanuele Musollini

Complice una pandemia diffusasi ovunque in pochi mesi, è diventata l’accessorio dell’anno: stiamo ovviamente parlando della mascherina.

In Italia, con l’inizio della tanto agognata fase 2, tutti (o quasi) hanno iniziato a farne l’utilizzo raccomandato dalle istituzioni. Tuttavia, anche se è chiaro l’obbligo di indossarla nei luoghi pubblici, permangono ancora dubbi circa il suo impiego a bordo di un veicolo.

 

La mascherina in auto

Si parte da una certezza, ovvero quella che nel caso in cui non ci siano passeggeri a bordo, il conducente – sia esso di auto o moto – non è tenuto ad usare alcun dispositivo di protezione.

Le cose cambiano se iniziano ad esservi passeggeri insieme al conducente. A tal proposito, bisogna operare una distinzione tra persone conviventi e non conviventi. Se il passeggero o i passeggeri vivono nella stessa abitazione del conducente, infatti, la mascherina è un optional, in quanto il suo obbligo sarebbe vanificato dalla costante vicinanza tra le quattro mura di casa. Ne consegue che invece vige l’obbligo di indossarla tra persone non conviventi che si trovano nella stessa auto.

I posti in auto

Prima di affrontare l’argomento, occorre fare una premessa: gli ultimi decreti non chiariscono esplicitamente le regole per i mezzi privati ma, riprendendo quelle di distanziamento sociale e unendole alle normative applicate ai taxi e ai noleggi con conducente, si possono trarre ugualmente alcune indicazioni.

Per consentire la distanza di sicurezza tra i passeggeri, è opportuno, quindi, occupare specifici posti nell’automobile come segue:

 

1 conviventeSedile anteriore o posteriore
1 passeggeroSedile posteriore
2 passeggeriSedili posteriori laterali
3 passeggeriSedile anteriore e posteriori laterali

L’importante, come si può evincere dallo schema, è evitare di sedersi vicino a posti già occupati, così da prevenire un possibile contagio da coronavirus, facilitato magari da una brusca frenata.

 

La mascherina in moto

Per quanto riguarda le moto, l’uso del casco integrale rende difficoltoso tenere la mascherina, perciò la si può anche non indossare, a patto che la visiera rimanga chiusa.

Le esclusioni

Esistono alcune eccezioni circa l’uso obbligatorio della mascherina in un veicolo: i bambini sotto i sei anni e i soggetti con disabilità che non sono compatibili con l’uso continuativo della mascherina, inclusi i loro accompagnatori.

 

Anche le auto “soffrono” la quarantena da coronavirus: i consigli per “salvare” la batteria

17 Aprile 2020/0 Commenti/in Consigli utili /da admin_rf

Gli esseri umani non sono gli unici a risentire della quarantena di queste settimane causa coronavirus. Le nostre automobili, infatti, ormai ferme da decine di giorni, potrebbero presentare un problema piuttosto comune dopo un lungo periodo di inattività: lo scaricamento della batteria. La diretta conseguenza di ciò è che la batteria di un’auto in sosta da molto tempo non riesca ad avviare alcuni circuiti d’importanza vitale per l’accensione del motore.

Ignorando questa possibilità, il rischio reale è quello di rimanere a piedi proprio nel momento di una vera necessità, sia essa legata a motivi medici o ad un breve tragitto per fare la spesa. Per scongiurare questo inconveniente, quindi, può essere utile seguire alcuni consigli che abbiamo riassunto di seguito per voi.

Nove semplici accorgimenti per “salvare” la batteria della tua auto

  1. Brevi stop. Se l’auto è ferma da meno di quattro settimane, preoccupatevi solo se questa o la sua batteria sono molto vecchie: in tal caso una dispersione di energia nell’impianto elettrico non è da escludere;
  1. Evitare gli assorbimenti. Ancora prima di aprire il cofano, assicuratevi che la batteria non stia operando in nessun modo e quindi che nessun elemento della vettura stia facendo uso di corrente, neppure una luce interna;
  1. Attenzione ai veicoli con Start&Stop. Se la vostra auto è dotata del sistema di accensione e spegnimento automatici, è consigliabile verificare sul libretto d’uso che sia possibile scollegare la batteria. Essendo le vetture con Start&Stop più sensibili sotto questo aspetto, prestate attenzione per evitare di andare incontro ad ulteriori problemi;
  1. Lunghi stop. Quando il fermo è di almeno un mese, invece, è bene agire e provvedere a scollegare con una chiave adatta il polo negativo della batteria. Per chi fosse meno esperto in materia, il polo negativo è solitamente di colore nero, mentre il polo positivo è di colore rosso;
  1. Mantenitore di carica. Si tratta di uno strumento molto utile che, mediante due morsetti e una presa di corrente, può “tenere in vita” la vostra batteria durante questo periodo di stop. Acquistabile online per poche decine di euro, è comodo per le macchine ferme in garage;
  1. Attenzione a brevi spostamenti. I percorsi più brevi, diversamente da quanto si può pensare, possono risultare addirittura dannosi per la batteria, in quanto l’alternatore non ha sufficiente tempo per recuperare l’energia richiesta dalla prima messa in moto, la più stressante per le vetture; 
  1. Sì alle medie distanze (meglio in autostrada). Con le giuste motivazioni autorizzate dalla legge, le tratte di 15-20 km possono essere ideali per tenere in forma l’apparato elettrico della vostra auto. Inoltre l’autostrada, quando è possibile percorrerla, consente alle componenti della batteria di svolgere un lavoro migliore; 
  1. No all’auto ferma in moto. Oltre all’inutile inquinamento prodotto, tenere l’auto in moto da ferma non avrebbe molto senso, poiché la batteria per recuperare un po’ di carica necessita di almeno 40 minuti;
  1. No agli impreparati. Se al momento della ripartenza avrete molta fretta, imparate a giocare d’anticipo. Chiedete a parenti o vicini se possono prestarvi i cavi adatti per fare ponte con un’altra auto. 

Seguendo questi piccoli suggerimenti, anche l’automobilista meno esperto può essere al riparo da brutte sorprese. Nel caso in cui abbiate ancora dei dubbi o non vi sentiate sicuri, provate a contattare telefonicamente la vostra officina di riferimento che sarà lieta di assistervi in questa piccola operazione di vitale importanza per la vostra batteria.

Restiamo a casa ma non dimentichiamoci di quando dovremo ripartire… in auto!

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