Se manca il cartello di pericolo, si ha diritto a essere risarciti per l’incidente causato dall’animale selvatico
La circostanza è tutt’altro che rara, e chi abita, ad esempio, in zone vicine a parchi naturali lo sa molto bene. Ogni anno in Italia sono centinaia gli incidenti causati da animali che attraversano all’improvviso la strada.
L’Asaps, nel suo osservatorio ad hoc, nel 2018 ha registrato 148 incidenti “significativi”, quelli con persone ferite o decedute, nei quali 11 persone sono morte e 189 sono rimaste seriamente ferite. E nella la stragrande maggioranza dei casi (119) si trattava di animali selvatici, su tutti i cinghiali.
Un motociclista perde una gamba dopo un incidente con un capriolo
Chi ha la sventura di restare coinvolto in uno scontro sul genere può chiedere danni all’Ente, in genere la Regione, a cui compete la gestione della fauna selvatica, ma il percorso è irto di difficoltà, sia burocratiche, sia normative, perché, per mettere un freno ai risarcimenti, sono state via via emanate norme sempre più stringenti a favore della pubblica amministrazione.
Un sicuro elemento a vantaggio dei danneggiati, però, c’è: la mancata apposizione dei cartelli di pericolo. E’ in forza di questa lacuna che la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4004/20 depositata il 20 febbraio 2020, ha accolto il ricorso di un motociclista che aveva peraltro subito una gravissima lesione.
Il malcapitato, nel 2010, di sera, aveva investito un capriolo che aveva invaso la strada statale 241 di Passo Costalunga, che egli stava appunto percorrendo a bordo della propria moto: in seguito all’impatto, era finito contro il guardrail e i medici avevano dovuto amputargli una gamba.
Il centauro ha citato in causa la Provincia autonoma di Trento e la sua compagnia di assicurazione per essere risarcito dei gravi danni fisici e morali patiti, ma la Corte d’Appello trentina. peraltro confermando la decisione dei giudici di primo grado, aveva respinto la domanda sull’assunto che, ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, non fosse ascrivibile un concreto comportamento colposo all’ente pubblico, in relazione alla detenzione della pubblica via. Secondo la Corte territoriale, l’assenza di segnaletica in quel tratto di strada era irrilevante, ovvero, più in generale, non era ravvisabile la violazione di un obbligo specifico di predisporre misure atte a scongiurare il sinistro (come ad esempio, un guardrail senza interruzioni, appositi segnalatori acustici, etc.), in mancanza di una situazione di concreto rischio di presenza, sul luogo dell’impatto, di un numero rilevante e incontrollato di animali selvatici.
Il danneggiato ricorre per Cassazione lamentando la mancanza di segnaletica
Il danneggiato ha ricorso per Cassazione tornando ad obiettare, tra le varie cose, come la Provincia non avesse adeguatamente e colpevolmente valutato che l’apposizione di un cartello di pericolo, come anche di altri dissuassori (i catadiottri anti-selvaggina o segnalatori acustici), o di un guardrail continuo nel tratto di strada in questione, sarebbero state tutte misure di prevenzione che, se adottate, avrebbero potuto contenere il rischio di impatto violento con animali ungulati per i veicoli circolanti.
E questo anche in virtù del fatto che i caprioli si erano già dimostrati in passato come una “presenza pericolosa” per chi percorreva quel tratto di strada, situato in un’area destinata a un piano di ripopolamento della fauna selvatica montana.
E la Suprema Corte gli ha dato ragione. La Cassazione precisa che responsabilità della P.A. in materia non è equiparabile a quella inerente al controllo sugli animali di cui si abbia una custodia o detenzione: pertanto, il danno causato dalla fauna selvatica in circolazione non è risarcibile ex art. 2052 cod. civ., essendo lo stato di libertà della selvaggina incompatibile con qualsiasi obbligo di custodia a carico della Pubblica Amministrazione.
La responsabilità della P.A. correlata ai comportamenti degli animali selvatici nel territorio di competenza va valutata entro la cornice del danno aquiliano, ex art. 2043 cod. civ., con la conseguenza che, in base all’onere probatorio stabilito da tale ultima disposizione, spetta al danneggiato provare la condotta colposa dell’ente pubblico causalmente efficiente rispetto al danno provocato dall’animale.
Quando va installato il segnale di pericolo
Premesso, questo, però, la Cassazione chiarisce che ai fini dell’affermazione della responsabilità gravante sulla P.A. occorre valutare se, nel caso specifico, vi sia stata violazione di un precetto che, in riferimento al caso di specie, le imponeva di tenere una condotta di cautela e di salvaguardia dei fruitori della strada, “certamente non correlata all’obbligo generale di protezione e gestione della fauna, ma alla situazione di rischio di attraversamento della fauna in concreto sussistente in quel territorio.
E sotto il profilo della condotta diligente che la Pubblica Amministrazione è tenuta ad osservare, la Suprema Corte ricorda che, a tenore della norma di cui all’ art. 84, co. 2, Reg. Codice della Strada, il segnale di pericolo deve essere installato “quando esiste una reale situazione di pericolo sulla strada, non percepibile con tempestività da un conducente che osservi le normali regole di prudenza”.
In tale contesto, dove la pubblica amministrazione deve orientare la propria condotta a fini general-preventivi e sulla base di un principio di precauzione, “il pericolo deve essere considerato al fine di generare un obbligo della p.a. stessa di attivarsi a comprimerlo, con valutazione ex ante, trattandosi di una norma che orienta l’attività della p.a. in relazione alla situazione di rischio prospettabile nell’area in questione. L’obbligo insorge, dunque, quando vi sia pericolo concreto da “comprimere”.
L’area si era già rivelata a rischio di attraversamento animali
Nel caso specifico, invece, in sede di applicazione delle norme riferite alla prevenzione dei rischi sulle pubbliche vie, adibite alla circolazione di veicoli su strada, come detto i giudici di appello non avevano considerato che, “anche tenuto conto del principio di precauzione che deve orientare la condotta della P.A. ai fini general-preventivi, il campo del sinistro dovesse essere considerato una zona di pericolo di attraversamento di animali selvatici, non ritenendo dirimente che gli incidenti in precedenza fossero occorsi a soli duecento metri di distanza, ma che comunque nell’area fossero presenti e avessero dimostrato tale attitudine: infatti essendo gli incidenti collegati all’attraversamento di animali selvatici, rilevava esclusivamente che quella zona, non più ampia di un kmq, era complessivamente frequentata da quel tipo di fauna di per sé mobile sul territorio, e che aveva già dimostrato, peraltro, l’attitudine a invadere la corsia stradale, come confermato dalle due segnalazioni del 2012, così da costituire un pericolo per gli utenti della strada)
Andava dunque predisposta una segnaletica adeguata
Nel caso concreto, pertanto, conclude la Cassazione, “assume particolare rilievo l’inosservanza, da parte della Provincia, dell’obbligo di predisporre una segnaletica stradale adeguata in un’area frequentata dalla fauna selvatica avente l’attitudine ad attraversarla, e dunque costituente un concreto pericolo per gli utenti della strada, da valutarsi ex art. 84, comma 2, Reg. Cod. Strada, secondo il generale principio di precauzione che deve guidare l’attività della pubblica amministrazione.
Di qui l’accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione.
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