Chi guida un mezzo altrui va risarcito per le lesioni fisiche riportate nell’incidente
Se si resta coinvolti, per responsabilità altrui, in un incidente stradale mentre si guida un’auto non propria e si riportano lesioni fisiche, si ha diritto ad essere risarciti? Assolutamente sì.
La domanda non è così scontata perché la Cassazione si è recentemente occupata di un caso nel quale al conducente di una vettura, che non era stata ritenuta di sua proprietà dai giudici, era stato incredibilmente negata, oltre alla liquidazione dei danni materiali, anche quella dei danni fisici.
Risarcimento negato a un automobilista perché non riconosciuto proprietario dell’auto
L’incidente era successo nel lontano 2002. L’automobilista in questione, a causa di un sorpasso azzardato di un centauro, aveva urtato la moto e aveva sbandato, andando a finire diritto contro un muro di cemento e distruggendo la macchina, appena acquistata per 27mila euro, oltre a farsi parecchio male.
Il tribunale di Nocera Inferiore, tuttavia, a cui si era rivolto citando in causa il motociclista e la compagnia di assicurazione della moto (HDI) chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni, aveva rigettato la domanda sostenendo che il danneggiato, al momento del sinistro, non fosse affatto proprietario del veicolo che guidava, ma che lo sarebbe diventato soltanto due mesi dopo.
La Corte d’Appello di Salerno, avanti la quale l’uomo aveva appellato la sentenza, aveva confermato la decisione di primo grado, ritenendo allo stesso modo che egli non avesse affatto fornito la prova di essere proprietario del veicolo danneggiato al momento del sinistro. In particolare, i giudici avevano rilevato come l’appellante non avesse mai depositato alcuna prova di avere stipulato un contratto di acquisto dell’autoveicolo danneggiato, che si era limitato a depositare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà dell’agosto 2002, nella quale lui stesso dichiarava di avere acquistato il veicolo da un terzo e che tale documento era insufficiente a dimostrarne la proprietà.
Il ricorso per Cassazione
L’automobilista ha proposto ricorso in Cassazione lamentando in primis un’erronea valutazione da parte della Corte di merito circa le prove fornite di essere effettivamente proprietario del veicolo, ma qui la Suprema Corte, nella sentenza n. 9192/20 depositata il 19 maggio 2020, ha respinto le sue argomentazioni, confermando quanto già deliberato nei precedenti tardi di giudizio.
La Cassazione ha invece avvolto il motivo del ricorso nel quale l’automobilista censurava il fatto che i giudici precedenti, dopo aver ritenuto che egli non fosse proprietario del veicolo danneggiato al momento del sinistro, avesse rigettato anche la sua domanda di risarcimento del danno alla salute, e dunque con motivazione del tutto disancorata dalla fattispecie concreta.
Il danno fisico va risarcito indipendentemente dalla proprietà o meno del mezzo condotto
Una volta escluso che il ricorrente fosse il proprietario del veicolo coinvolto nel sinistro, la Corte d’appello, spiega la Suprema Corte, avrebbe comunque dovuto stabilire se un sinistro era davvero avvenuto, se al momento del sinistro il danneggiato si trovasse davvero a bordo dell’auto coinvolto e se in conseguenza di tale incidente egli avesse subito lesioni personali.
La Cassazione parla di “motivazione inintelligibile” e censura con forza il principio secondo il quale “chi non dimostra di essere proprietario del veicolo su cui viaggia, non ha diritto al risarcimento del danno alla persona”. Dunque, in questa circostanza i danni materiali al mezzo non possono essere riconosciuti, ma quelli per le lesioni fisiche vanno assolutamente risarciti dal responsabile dell’incidente.
La sentenza su questo punto è stata pertanto cassato con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione, per la ri-definizione del caso.
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