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segnaletica autovelox

Autovelox: nessuna distanza minima per la segnaletica

20 Novembre 2020/0 Commenti/in News /da admin_rf

Con due recenti sentenze, la Cassazione ha apportato alcuni importanti chiarimenti su una questione sempre di estrema attualità per gli utenti della strada, gli autovelox, stabilendo che non sono richieste delle “misure minime” di legge né per la larghezza della banchina dove vengono installati i dispositivi né per la distanza in cui va apposta la segnaletica di avviso.

 

Indice

  • Un automobilista ricorre contro una multa: la strada non si sarebbe prestata agli autovelox
  • Non è prevista alcuna larghezza minima o massima per la banchina
  • Un altro utente della strada impugna la sanzione
  • Non è previsto alcuno spazio minimo tra cartelli di avviso e dispositivo

Un automobilista ricorre contro una multa: la strada non si sarebbe prestata agli autovelox

Con l’ordinanza n. 25688/20 depositata il 13 novembre 2020 la Suprema Corte ha deliberato su una causa intentata da un automobilista contro il Comune di Belluno: il ricorrente aveva proposto opposizione avanti il giudice di Pace della città alla sanzione amministrativa elevata nei suoi confronti per eccesso di velocità, rilevato da un apparecchio autovelox situato su un tratto di strada extraurbana.

A suo avviso, quel tratto stradale non presentava le caratteristiche previste per la rilevazione elettronica della velocità e per poter essere ricompreso nell’ambito delle strade sulle quali è autorizzato tale metodo di rilevazione; inoltre, a suo dire il verbale doveva essere annullato perché la postazione di rilevazione fissa non era dotata di adeguata segnaletica di preavviso e comunque non era stata sottoposta alla taratura periodica.

Il giudice di Pace di Belluno, con sentenza del 2017, aveva rigettato l’opposizione, limitando tuttavia l’importo della sanzione al minimo edittale, e lo stesso aveva fatto il Tribunale di Belluno, presso il quale il ricorrente aveva appellato la sentenza di primo grado, rigettando il gravame.

Di qui il ricorso per Cassazione, nel quale l’automobilista ribadiva le sue censure nei confronti del tribunale di Belluno, “reo” di aver erroneamente ritenuto l’idoneità del tratto di strada sul quale era posto l’autovelox ad essere inserito nell’elenco prefettizio di strade e tratti stradali sui quali si possono installare apparati di rilevazione della velocità. E motivava questa presunta inidoneità per il fatto che il tratto stradale non presentava la banchina, elemento invece necessario ai fini dell’inserimento nell’elenco prefettizio.

Ma per la Suprema Corte le  censure sono inammissibili. La Cassazione spiega che la banchina è la parte della strada, per la quale non è prevista una misura minima, che si trova oltre la linea continua destra delimitante la carreggiata ed è compresa tra il margine della carreggiata ed il più vicino dei seguenti elementi longitudinali: marciapiede, spartitraffico, arginello, ciglio interno della cunetta, ciglio superiore della scarpata nei rilevati.

Essa serve normalmente al transito dei pedoni come zona di sicurezza, con la conseguenza che il suo occasionale utilizzo per eventuali soste di emergenza dei veicoli non ne muta la destinazione, posto che ciò è consentito al solo scopo di non recare intralcio al traffico veicolare.

Non è prevista alcuna larghezza minima o massima per la banchina

“Non è dunque prevista una larghezza minima o massima della banchina – spiegano gli Ermellini –, né vengono descritte in dettaglio le sue caratteristiche strutturali: quel che rileva è che si tratti di uno spazio all’interno della sede stradale, esterno rispetto alla carreggiata, destinato al passaggio dei pedoni o alla sosta di emergenza che, oltre a dover restare libero da ingombri, deve avere una larghezza tale da consentire l’assolvimento effettivo delle predette funzioni”.

Nel caso di specie il giudice di secondo grado, citando la sentenza, aveva ritenuto che “dalla documentazione fotografica in atti, emergesse chiaramente la presenza di un’unica carreggiata dotata di una corsia per senso di marcia, nonché di (seppur talvolta ridotti ed incostanti ma, comunque, diffusamente presenti) spazi tra il margine della carreggiata ed un marciapiede o uno spartitraffico o un ciglio interno della cunetta, ovvero di banchine”.

Un accertamento di merito incensurabile in sede di legittimità, conclude la Cassazione, mediante il quale “il Tribunale ha ritenuto sussistente, in concreto, lo spazio adibito a banchina, e quindi gli elementi richiesti per l’inserimento del tratto di strada interessato dalla rilevazione elettronica della velocità nell’elenco prefettizio di cui all’art. 4, connma 2, del D.L. n. 121 del 2002, convertito in Legge n. 168 del 2002”. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile e respinto e la sanzione per eccesso di velocità confermata.

Un altro utente della strada impugna la sanzione

Come l’ordinanza 25690/20 depositata lo stesso 13 novembre 2020, quindi, la Suprema Corte ha affrontato un altro ricorso relativo sul genere, questa volta relativo alla distanza dei segnali di avviso. Un utente della strada aveva presentato opposizione avanti il giudice di Pace di Matera avverso la sanzione amministrativa elevata nei suoi confronti per eccesso di velocità, con contestuale sanzione accessoria della sospensione della patente di guida.

Il ricorrente sosteneva di essersi trovato in stato di necessità, in quanto si stava recando con urgenza presso il proprio medico curante, perché colpito da una colica renale.

 Con sentenza del 2012 il Giudice di Pace aveva annullato la sanzione riconoscendo la sussistenza dello stato di necessità, ma il Ministero dell’Interno aveva appellano la decisione e il Tribunale di Matera, con la sentenza del 2018, l’aveva riformata, rigettando l’opposizione e condannando l’automobilista anche alle spese del grado di giudizio.

L’uomo ha quindi proposto ricorso per Cassazione e con il secondo motivo, quello che qui interessa, ha lamentato il fatto che il giudice di merito avesse omesso di considerare che il verbale impugnato non conteneva alcuna indicazione circa l’installazione della segnaletica di preavviso della postazione di rilevazione elettronica della velocità dei veicoli.

Non è previsto alcuno spazio minimo tra cartelli di avviso e dispositivo

Ma per gli Ermellini la censura è inammissibile. Nello stesso ricorso, infatti, fa notare la Suprema Corte, si dava atto che nel verbale di contravvenzione era stata indicata la presenza di un “cartello di preavviso posizionato a mt. 800“. Tale circostanza, riconosciuta anche dal ricorrente, afferma la Cassazione, “evidenzia il rispetto della norma di cui all’art. 4 del D. L. n. 121 del 2002, posto che il primo comma di tale disposizione prevede soltanto che agli automobilisti venga data informazione circa la presenza della postazione di rilevamento della velocità, senza alcuna indicazione circa la modalità di detta informazione né tantomeno la previsione di uno spazio minimo che debba intercorrere tra lo strumento di avviso e la postazione stessa”.

 Vi è solo l’obbligo di installare i segnali con adeguato anticipo

In altri termini, la previsione dell’obbligo della preventiva informazione agli automobilisti circa la presenza di una postazione di autovelox non stabilisce una distanza minima per la collocazione dei segnali stradali o dei dispositivi di segnalazione luminosi, ma solo l’obbligo della loro istallazione con adeguato anticipo rispetto al luogo del rilevamento della velocità, in modo da garantirne il tempestivo avvistamento: “ne consegue – sanciscono i giudici – che la distanza tra segnali stradali o dispositivi luminosi e la postazione di rilevamento deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi”. 

Il principio di necessaria valutazione in concreto dell’idoneità del preavviso – aggiunge la Cassazione – è confermato, indirettamente, dall’ulteriore affermazione per cui, anche qualora nel verbale di contestazione di una violazione dei limiti di velocità, accertata mediante cd. autovelox, non sia indicato se la presenza dell’apparecchio sia stata preventivamente segnalata mediante apposito cartello, ciò non rende nullo il verbale stesso, sempre che, di detta segnaletica, sia stata accertata o ammessa l’esistenza.

Per converso, quando il verbale di constatazione – che costituisce atto pubblico – contenga l’indicazione della sussistenza di segnalazione preventiva, la relativa attestazione si riferisce a un dato direttamente rilevato dagli accertatori, senza margini di apprezzamento, la cui contestazione può avvenire solo mediante querela di falso”.

Nel caso specifico, come già detto, la presenza del cartello di preavviso ed il suo posizionamento ad una distanza congrua dalla postazione, sufficiente a consentire all’automobilista di diminuire la velocità senza pericolo per sé e per gli altri utenti della strada, emergeva dal verbale di contravvenzione ed era comunque confermata dallo stesso ricorrente. Anche questo ricorso, pertanto, è stato rigettato.

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